Processo Murray: 5° GIORNO, 3 ottobre 2011. Testimonianza di Richelle Cooper

Il quinto giorno del processo a Conrad Murray è iniziato con il prosieguo della testimonianza di Richelle Cooper, dottoressa dell’UCLA Medical Center, a cura del vice procuratore distrettuale David Walgren.

Walgren ha ricordato che nella testimonianza resa dalla dottoressa Cooper venerdì 30 settembre, quella mattina del 25 giugno 2009 all’UCLA il dottor Murray le riferì di aver somministrato a Michael Jackson solamente del lorazepam, senza mai menzionare il propofol.

Walgren ha poi mostrato ancora un’immagine relativa alla stanza nella quale Michael fu sottoposto alle cure del personale dell’UCLA su cui la Cooper ha indicato un piccolo strumento di ventilazione del paziente e le due aste per l’endovenosa sulla sinistra dove ci sono due piccoli computer che servono per controllare la velocità dell’infusione:

Walgren: Riguardo ai suoi sforzi per rianimare il signor Jackson, lei ha descritto il team che era presente, credo 14 persone, più altri che si aggiunsero a seconda delle circostanze, è corretto?

Cooper: Sì.

Walgren: Per quel che riguarda i farmaci di rianimazione, furono somministrati farmaci diversi al signor Jackson durante queste procedure?

Cooper: Io stavo gestendo l’emergenza con infermieri, medici interni, il farmacista e un cardiologo, abituati a lavorare su un’emergenza, perciò furono considerati molti farmaci.

La dottoressa Cooper ha spiegato che lei aveva la responsabilità di decidere se le iniziative dei suoi vari collaboratori potevano essere portate a compimento o meno, lei era quella che stabiliva se una procedura poteva essere eseguita, così come le dosi dei farmaci e la loro somministrazione. La Cooper sapeva che i paramedici avevano somministrato a Michael dei farmaci di ripartenza, sia nella camera da letto sia durante il trasporto. All’UCLA gli vennero dati del bicarbonato di sodio, della vasopressina e della dopamina tramite infusione e contemporaneamente continuavano ad essergli fatte delle compressioni toraciche.

Walgren ha chiesto alla Cooper se questi sforzi e queste compressioni durarono dalle 13:13, orario di arrivo di Michael al pronto soccorso, fino alle 14:26, l’ora in cui venne dichiarato il suo decesso e la Cooper ha detto di sì, che tutte le procedure, di compressione, di ventilazione, furono eseguite senza mai interrompersi durante tutta quell’ora e 13 minuti. E per tutto questo tempo, Michael era stato collegato a dei macchinari di monitoraggio per tenere sotto controllo il cuore, la pressione del sangue, la respirazione, la saturazione dell’ossigeno.

Walgren: Ora, in quest’ora e 30 minuti circa, lei ha mai avvertito o notato una pulsazione spontanea sul signor Jackson?

Cooper: Personalmente io non ho mai avvertito la pulsazione o confermato alcuna pulsazione.

Walgren: Ad un certo punto qualcuno nella stanza indicò che loro pensavano di aver avvertito una pulsazione?

Cooper: Penso fossero le 13:21 approssimativamente durante le manovre di rianimazione fu riportato che qualcuno che aveva fatto un controllo sulla pulsazione riportò che avevano sentito una pulsazione.

Walgren: Ok, e lei poi interruppe le compressioni per vedere se poteva confermarlo?

Cooper: Mentre le compressioni erano in svolgimento, noi potevamo sentire una pulsazione, ma una pulsazione spontanea senza compressioni io non l’ho mai colta. Intorno alle 13:21 io dissi: fermate le compressioni che abbiamo una pulsazione. Qualcuno aveva riferito di aver sentito una pulsazione e a quel punto io tentai di confermarlo. Il monitor mostrava ancora un ritmo lento e asistolico che non combacia con la possibilità che sia ricomparsa una pulsazione ed io feci una verifica anche con l’ultrasuono che guardava il cuore per vedere se effettivamente stava pompando in un modo che io potessi valutare come miglioramento e non era così. Palpando il paziente, io non potevo avvertire nessuna pulsazione per confermarla, perciò le compressioni toraciche furono riprese, nessun’altra pulsazione fu mai colta senza le compressioni.

Walgren: Perciò, tre sue proprie osservazioni e con le apparecchiature che lei ha riferito, lei non fu in grado di appurare una pulsazione in quel momento…

Cooper: In nessun momento.

Walgren ha chiesto se è comune che le persone in quelle circostanze avvertano una pulsazione che in realtà è la propria e la confondono con quella del paziente. La Cooper ha detto che durante un’emergenza non è raro che qualcuno pensi di aver sentito una pulsazione ecco perché va sempre confermata anche attraverso tutte le apparecchiature disponibili.

Walgren: Quindi, alle 14:26 pm lei prese la decisione di proclamare di nuovo la morte del signor Jackson?

Cooper: Sì.

Walgren: E quella in realtà era la seconda volta che lei prendeva quella decisione, la prima era stata alle 12:57 quando i paramedici erano sulla scena, è corretto?

Cooper: Sì.

Walgren: E dalle 12:57 alle 14:26 ci fu un qualche cambiamento degno di nota nelle condizioni del signor Jackson?

Cooper: No.

Walgren ha chiesto alla Cooper di spiegare il sistema di identificazione del paziente per il quale Michael era contrassegnato come: “trauma wm 0241, Gershwin”. La dottoressa ha detto che per circostanze come un’emergenza o un paziente che ha subito un trauma che arriva in condizioni critiche e c’è bisogno di intervenire immediatamente, c’è un sistema di contrassegno del paziente per il quale non c’è il tempo di fare la registrazione. Perciò, ci sono pratiche già pronte che includono la nota del dottore, dell’infermiera  o quella di emergenza e adesivi di etichette extra che possono essere posizionate su campioni di sangue o richieste extra che necessitano di un’etichetta, così loro sono in grado di cominciare a dare ordini immediatamente e collegare tutto ad una sola cartella clinica, in moda da evitare errori. Il numero di identificazione della cartella clinica è esclusivo per ciascun paziente: dal momento che il sistema delle etichette già pronte è in ordine alfabetico, può anche esserci un’altra etichetta a nome “Gerswhin”, ma ogni singolo paziente ha un suo proprio numero di identificazione. Il numero di identificazione nel caso di Michael è 397-59-44. Questo numero è anche attaccato ai campioni di sangue di Michael che poi furono analizzati.

Walgren ha poi chiesto alla dottoressa Cooper se quando Michael arrivò all’UCLA, sulla base delle sue osservazioni, lei sapeva che sul suo corpo ci fosse un catetere a sistema condom e lei ha detto di sì, spiegando che si tratta di uno degli strumenti per raccogliere l’urina del paziente comunemente in situazioni nelle quali il paziente è incosciente. Walgren le ha chiesto se, sapendo che Michael arrivava da casa sua, la cosa le apparve strana e la Cooper ha risposto che le sembrò insolito, un catetere a sistema condom non sarebbe raro per pazienti che soffrono di incontinenza, ma sembrava insolito per un uomo di 50 anni che si supponeva non avesse problemi di salute.

Walgren: Ora, a seguito della proclamazione del decesso, lei ha mai interpellato o richiesto al dottor Murray di firmare il certificato di morte?

Cooper: No.

Walgren: E’ qualcosa che lei avrebbe fatto in quella situazione?

Cooper: No.

Walgren: Perché no?

Cooper: Il signor Jackson era il mio paziente e io non avevo una spiegazione del perché fosse morto. Nella mia mente, la sua morte era un caso di competenza del medico legale che richiedeva un’autopsia e un’indagine.

La Cooper ha poi ribadito che da protocollo dell’UCLA c’è un team di operatori sociali che si occupano di assistere i familiari del paziente. Ad un certo punto, le venne detto che ai bambini di Michael era stata comunicata la morte del loro papà e si recò personalmente da loro, vedendoli piangere istericamente rivolgendosi a quella che le fu riportato fosse la loro tata. Walgren ha cercato di chiedere alla Cooper se lei aveva provato a parlare con i bambini, ma il giudice ha accolto le obiezioni della difesa a riguardo.

 

CONTROINTERROGATORIO DI MICHAEL FLANAGAN:

Flanagan ha chiesto alla Cooper se lei aveva rivisto qualche documentazione prima della sua testimonianza al processo. La Cooper ha risposto che aveva rivisto le sue registrazioni mediche relative al caso e la sua testimonianza nell’udienza preliminare. Flanagan ha voluto sapere se relativamente a quella testimonianza ci fosse qualcosa che lei desiderava rettificare e la Cooper ha detto che magari spiegherebbe meglio certe cose, che probabilmente ha semplificato un po’ troppo, ma che non c’è nulla di assolutamente sbagliato che lei voglia rettificare.

Flanagan le ha chiesto adesso quale sarebbe secondo lei la valutazione migliore dell’orario del decesso di Michael e lei ha risposto che quello su cui lei può pronunciarsi è la proclamazione che lei ha fatto sulla base delle informazioni che lei aveva nel momento in cui lei era coinvolta nella comunicazione radio. La Cooper ha confermato che per quello che i paramedici le dissero in quel momento, alle 12:57 pm il paziente era morto.

Flanagan: L’unica ragione per la quale venne fatto altro dopo le 12:57 pm fu per l’insistenza del dottor Murray che voi non vi arrendeste?

Cooper: Io non so se l’avrei fatto in quel modo perché lui era il suo medico di base, io potevo scavalcarlo e ancora proclamare il decesso. Tuttavia, c’era un dottore sulla scena ed io potenzialmente avevo informazioni cliniche e perciò sì, io autorizzai il dottor Murray ad assumere il controllo e quindi portare il paziente al pronto soccorso, perciò, sì.

Flanagan le ha chiesto se quando Michael arrivò al reparto d’emergenza dell’UCLA lei pensava comunque che lui fosse morto e la Cooper ha detto che sì, la sua valutazione quando Michael arrivò fu che fosse clinicamente morto e che essendo passata quasi un’ora dal modulo della stazione base al momento dell’emergenza gestita all’UCLA gli sforzi di rianimazione sarebbero stati inutili. Flanagan ha insistito per sapere se secondo lei Michael non aveva nessuna possibilità di essere rianimato e la Cooper ha detto che in retrospettiva, dopo la sua valutazione e tutto ciò che sa adesso, è corretto dire che non c’era nessuna possibilità.

La Cooper poi ha aggiunto che quando Michael arrivò all’ospedale, il dottor Murray dichiarò che lui aveva sentito una pulsazione femorale, cosa che era in conflitto con le informazioni dei paramedici, perciò lei sentì che sarebbe stata una sua decisione assicurarsi che qualunque cosa fosse stata fatta correttamente e non registrata in modo sbagliato ma poi, dopo quegli sforzi, non ci fu nessun cambiamento, perciò sostanzialmente confermò la decisione che aveva preso in precedenza.

Flanagan le ha chiesto se alle 12:57 lei aveva un’idea dell’ora precisa in cui Michael poteva essere morto e la Cooper ha risposto di no.

Flanagan: Ora, lei è andata alla scuola di medicina ed è diventata un medico interno facendo un tirocinio. E’ mai diventata un’anestesista?

Cooper: No.

Flanagan: Lei usa il propofol?

Cooper: Io uso il propofol nella mia pratica al dipartimento di emergenza, sì.

Flanagan: Ci sono delle certificazioni particolari che lei deve avere per usare il propofol?

Cooper: Sì.

Flanagan: Quali sono?

Cooper: All’UCLA occorre avere dei privilegi per effettuare procedure di sedazione così come specifici requisiti per somministrare il propofol.

Flanagan: Perciò, lei ha la certificazione per usare il propofol a scopo anestesiologico?

Cooper: No, io sono certificata per usare il propofol nel dipartimento di emergenza per procedure di sedazione e per sedazione profonda su pazienti che sono intubati. Non eseguo anestesia.

Flanagan: Lei è certificata per usare il propofol per la sedazione cosciente?

Cooper: Noi usiamo l’espressione “procedure di sedazione” e sì, all’UCLA io ho i privilegi di usare il propofol nelle procedure di sedazione.

La Cooper ha detto di non aver mai praticato in uno studio medico o in ambiente diverso dal dipartimento di emergenza di un ospedale. Flanagan le ha chiesto di spiegare la differenza fra l’espressione usata dalla Cooper, “procedure di sedazione”, e sedazione cosciente. La Cooper ha detto che “sedazione cosciente” è un ossimoro perché quando si è sedati non si è coscienti, per questo loro usano l’espressione “procedure di sedazione”.

Flanagan: La sedazione incosciente, quando voi sedate i soggetti, loro sono capaci di essere svegli, non è vero?

Cooper: La sedazione è un passaggio dall’essere completamente svegli all’essere in uno stato comatoso.

Flanagan: Perciò, lei non ha familiarità con l’espressione “sedazione cosciente”?

Obiezione dell’accusa per falsificazione della testimonianza, accolta dal giudice.

Flanagan le ha chiesto se c’è una differenza tra la certificazione per le procedure di sedazione e quella per l’anestesia e la Cooper ha detto che sì, coloro che effettuano l’anestesia hanno privilegi diversi e lei non lavora come anestesista quindi non saprebbe dire quali sono i requisiti specifici di monitoraggio che competono agli anestesisti.

Flanagan ha chiesto alla Cooper se lei ha familiarità con i livelli del sangue e i numeri tossicologici che sarebbero raggiunti dopo l’uso di certi quantitativi di farmaci, lei ha risposto di no e poi il giudice ha accolto l’obiezione dell’accusa secondo cui la domanda di Flanagan è andata oltre la competenza professionale della dottoressa Cooper.

Flanagan ha chiesto alla Cooper che quantitativi di propofol usa nelle sue procedure di sedazione e lei ha spiegato che dipende da caso a caso, che in generale viene determinato un dosaggio che permette ai pazienti di sentirsi sicuri e di non essere completamente svegli quando è necessario eseguire delle procedure dolorose. La Cooper ha poi detto di non aver mai usato il propofol prima di diventare una dottoressa qualificata per eseguire le procedure di sedazione.

Flanagan le ha poi chiesto di considerare l’ipotesi di 25 milligrammi di propofol somministrati lentamente per infusione in un tempo di 3-5 minuti ad un paziente alle 10:40 insieme 2,5 millilitri di lidocaina e di esprimere una sua opinione su quanto ne sarebbe durato l’effetto. La Cooper ha risposto che dipende dal paziente, quindi Flanagan le ha fatto l’esempio di un paziente come Michael, di circa 62 kg. La Cooper ha chiesto se doveva considerare anche il fatto che non avesse ricevuto altri farmaci e Flanagan ha detto di sì. La Cooper ha quindi risposto che nella sua pratica delle procedure di sedazione non avrebbe preso in considerazione una dose simile perché in un paziente di quel tipo non avrebbe determinato un livello di sedazione sufficiente per lei ad eseguire nessuna delle operazioni che rendono necessaria la sedazione. Comunque, ha detto che lei si aspetterebbe una durata di 7-10 minuti al massimo. Flanagan le ha quindi chiesto dopo quanto tempo lei si aspetterebbe che quella dose di propofol fosse metabolizzata, ma il giudice ha accolto l’obiezione dell’accusa secondo cui la domanda supera la competenza della teste.

La Cooper ha ribadito che per un paziente uomo di 62 kg, se lei vuole ottenere una sedazione per eseguire delle procedure dolorose, 25 milligrammi di propofol non sarebbero una dose sufficiente nella maggior parte dei pazienti.

Flanagan: Potrebbe essere sufficiente per far dormire una persona?

Cooper: Non suppongo questo, ma non lo so, io non uso i farmaci per quei casi.

Flanagan ha poi ricordato alla Cooper che Murray le disse di aver dato a Michael del lorazepam e la Cooper ha risposto che lui le disse di avergli dato una prima dose di 2 milligrammi e una successiva dose di altri 2 milligrammi prima dell’arresto.

Flanagan: Lui le disse a che ora gli aveva dato il lorazepam?

Cooper: Io non ottenni un orario preciso, no.

Flanagan: Lei glielo chiese?

Cooper: Io non gli chiesi l’orario preciso.

Flanagan: Importava sapere l’orario della somministrazione del lorazepam?

Cooper: Cosa vuole dire con “importava”?

Flanagan: Importava per sapere se aveva o meno un effetto nel suo sistema in quel momento?

Cooper: Nel momento in cui il signor Jackson era il mio paziente, lui era già morto da un po’, il dosaggio dei farmaci che mi furono riportati erano gli ultimi che gli erano stati somministrati nel momento in cui il dottor Murray riferì di aver testimoniato l’arresto.

Flanagan ha metto sotto pressione la Cooper per sapere il motivo per il quale lei aveva chiesto quali farmaci erano stati somministrati a Michael, se per determinare la causa del suo decesso o il trattamento da fargli. La Cooper ha spiegato che lei doveva sapere il trascorso clinico del paziente e che nel momento in cui Michael era suo paziente, doveva capire se negli sforzi di rianimazione compiuti sino a quel punto mancava qualcosa che lei avrebbe dovuto fare.

Flanagan: Quindi, è importante sapere quali sono i farmaci, ma è importante anche sapere quando questi farmaci sono stati dati, non è vero?

Cooper: La maggior parte delle storia clinica sarebbe importante, ecco perché io feci delle domande al dottor Murray per avere le informazioni.

Flanagan: Ma non ha mai chiesto il momento preciso, vero?

Cooper: No.

Flanagan: Ok, quindi se lui avesse dato il lorazepam il giorno prima, non avrebbe avuto alcuna importanza?

Cooper: Io non so lui cosa fece il giorno prima. Io divenni il dottore del signor Jackson quando lui arrivò nel dipartimento di emergenza ed io stavo chiedendo informazioni. La nota medica che io ho scritto è la storia dell’assistenza che io fornì e delle informazioni che io ebbi in quel momento. Io chiesi al dottor Murray delle semplici domande standard che avrei chiesto ad ogni dottore professionista se io avessi preso in cura i loro pazienti.

Flanagan: La sua testimonianza è che il tempo di somministrazione dei farmaci non importava?

Cooper: Non penso di aver detto questo, non è la mia testimonianza, no.

La Cooper ha ribadito che tutte le informazioni importavano, quindi Flanagan ha sottolineato ancora che lei non aveva chiesto l’ora precisa in cui quei farmaci erano stati somministrati.

Il giudice ha respinto l’obiezione dell’accusa dicendo alla teste che poteva rispondere.

Cooper: Nel momento io cui io parlai con il dottor Murray, lui mi riferì che l’ultima dose che lui aveva dato erano stati 2 milligrammi di lorazepam, quindi aveva osservato l’arresto, iniziato il cpr e chiamato il 911. Nella mia mente io presunsi, forse incorrettamente, che quello voleva dire che il paziente aveva appena ricevuto il farmaco, lui aveva testimoniato l’arresto e poi il suo paziente in breve tempo era diventato mio.

Flanagan: Lei non ha mai testimoniato prima che lui diede il farmaco e poi testimoniò l’arresto subito dopo averglielo dato, vero?

Cooper: Io credo di averlo testimoniato ed io credo che è ciò che i miei documenti riflettono.

Flanagan: Se il dottor Murray avesse dato al signor Jackson 2 milligrammi di lorazepam alle 02:00 e poi 2 milligrammi alle 05:00, lei si aspetterebbe che fosse ancora nel sistema del signor Jackson a mezzogiorno?

Cooper: Quando lei parla di sistema, io non so cosa sarebbe del tutto eliminato in termini di metabolizzazione, ma quelle dosi di farmaci alle 05:00 non mi aspetterei che avessero molto del loro effetto a mezzogiorno.

Flanagan: Non comunichiamo molto bene io e lei. Le ho fatto una domanda: 02:00 am, 05:00 am, 2 milligrammi ogni volta, lei si aspetterebbe che fossero ancora nel suo sangue a mezzogiorno?

L’accusa ha fatto obiezione ma il giudice ha detto alla Cooper che se sapeva cosa rispondere, poteva farlo.

Cooper: Io non so quando i farmaci sarebbero del tutto eliminati dal flusso sanguigno.

Flanagan: Lei conosce l’emivita del lorazepam?

Cooper: Non posso dirle l’esatta emivita del lorazepam.

Flanagan le ha richiesto se quelle dosi di lorazepam in quegli orari potevano essere ancora nel sangue di Michael secondo lei e il giudice ha accolto ancora l’obiezione dell’accusa.

La Cooper ha precisato di non essere qualificata a dire quanto di un farmaco possa rimanere nel sangue di un paziente. Flanagan le ha fatto la stessa domanda in termini di deposito nel sangue riguardo al propofol, la Cooper ha ribadito di non avere competenze specifiche sui residui dei farmaci nel sangue, ma ha detto che non si aspetterebbe che il paziente fosse ancora sedato dopo due ore con una somministrazione di propofol alle 10:40. Flanagan le ha chiesto che tipo di tirocinio la Cooper ha seguito per la somministrazione del propofol. La dottoressa ha spiegato che ha frequentato i corsi delle procedure di sedazione, le esegue e come routine riesamina articoli sull’argomento. Flanagan le ha chiesto se lei dovesse eseguire una procedura di sedazione in una persona di 62 kg quanto propofol userebbe per sedarlo. La Cooper ha voluto sapere se si stava parlando di un paziente sano per il quale lei aveva ritenuto che fosse sicuro eseguire una procedura di sedazione e al quale non era stato somministrato nessun altro farmaco e Flanagan ha detto di sì. La Cooper ha detto che in quel caso circa 2 milligrammi per chilo di peso probabilmente sarebbe la sua dose di partenza. Flanagan le ha chiesto se al paziente viene dato un milligrammo per chilo di peso, nella loro ipotesi circa 60 milligrammi, per quanto tempo lo terrebbe addormentato. La Cooper ha dato un tempo di circa 10 minuti. Flanagan ha riproposto la domanda sui livelli del farmaco nel sangue, l’accusa ha fatto obiezione ed il giudice, dopo averla accolta, ha invitato l’avvocato a terminare le sue domande su questo argomento.

Flanagan: Mi lasci chiedere, se il dottor Murray le avesse detto di aver somministrato alle 10:40 25 milligrammi di propofol, in un certo momento compreso fra le 10:40 e le 10:50, questo avrebbe modificato il suo trattamento del signor Jackson?

Cooper: No.

Flanagan: E avrebbe modificato l’esito occorso al signor Jackson?

Cooper: Come ho detto, il signor Jackson morì molto prima che diventasse un paziente di mia responsabilità, perciò anche avendo più informazioni è improbabile che con quelle informazioni io sarei stata nelle condizioni di fare qualcosa di diverso che avrebbe cambiato quell’esito.

Flanagan: E quando lei fece domande sui farmaci, era interessata a sapere quelli che erano ancora nel suo sistema?

Cooper: Io ero interessata a sapere tutte le informazioni cliniche disponibili così da poter prendere la decisione migliore come trattare il signor Jackson.

Flanagan: Ma non c’era alcuna possibilità di trattare il signor Jackson, vero? Con successo.

Cooper: Da ciò che so adesso, no, ma in quel momento io avevo un uomo sano di 50 anni che era morto e nella mia mente ci sono molte altre condizioni che possono determinare un arresto cardiaco, perciò io chiesi informazioni sulla sua storia clinica, così potevo considerare o altre diagnosi o altri trattamenti.

Flanagan ha provato a chiedere se i pazienti sottoposti a propofol dalla Cooper avessero mostrato di parlare in modo impastato, ma il giudice ha accolto l’obiezione dell’accusa. Flanagan ha ritentato chiedendo alla Cooper se lei aveva avuto modo di ascoltare la registrazione audio di Michael del 10 maggio 2009, ma il giudice ha accolto di nuovo l’obiezione dell’accusa, anche dopo che la difesa ha provato a far cambiare idea al giudice chiedendo di conferire con lui.

Flanagan ha provato a chiedere quali possibilità di sopravvivere potesse avere un paziente nelle stesse condizioni di Michael, la Cooper ha chiesto se era anche il caso che non fosse stata rilevata alcuna pulsazione, ma poi essendoci molte variabili da considerare il giudice ha accolto l’obiezione dell’accusa per speculazione.

Flanagan ha chiesto alla Cooper di descrivere che comportamento aveva Murray nel momento in cui parlò con lei in ospedale. La Cooper ha risposto che non era concentrata sul suo comportamento, ma su quello che lui le disse e sul suo paziente.

La Cooper ha detto di aver avuto molte brevi conversazioni con il dottor Murray che era presente durante la rianimazione. Flanagan, dopo un paio di obiezioni dell’accusa accolte dal giudice su quante di numero fossero state e quale durata ciascuna avessero avuto, ha formulato una domanda specifica su cosa la Cooper chiese a Murray la prima volta.

Cooper: Gli chiesi: “cosa è successo?” e lui disse che il signor Jackson aveva lavorato molto duramente, che lui pensò che fosse disidratato e poi riferì di avergli dato due milligrammi di lorazepam e più tardi quella mattina di avergli dato altri due milligrammi di lorazepam e poi aveva osservato l’arresto.

Flanagan: Ok, e questo in risposta ad una sola sua domanda?

Cooper: Due anni dopo, non ricordo quante domande gli feci per avere queste informazioni o quante specifiche domande gli posi in più di un’ora. Io mi stavo prendendo cura del signor Jackson mentre il dottor Murray era presente.

Flanagan ha richiesto alla Cooper se lei aveva riesaminato il rapporto medico scritto da lei prima di testimoniare e la Cooper ha detto di averlo fatto, ma che non ci sono le domande precise e le risposte precise susseguitesi in quel periodo di tempo. Flanagan le ha chiesto se su quel rapporto c’è scritto che Murray le disse di essere stato testimone dell’arresto dopo la somministrazione del farmaco, la Cooper ha detto che lei ricorda bene che Murray le comunicò questo e che non sa se lei lo scrisse esattamente in questi termini sul suo rapporto, ma sarebbe stata felice di averlo sotto mano per poter indicare che il senso di quello che lei aveva scritto era che Murray avesse osservato l’arresto dopo aver dato il farmaco a Michael.

Flanagan le ha chiesto se il dottor Murray indicò anche che il signor Jackson aveva assunto flomax e la Cooper ha detto di sì, che le fu detto questo e ha confermato che si tratta di un farmaco per pazienti che hanno problemi ad urinare.

Flanagan: Perciò, lei non ha memoria degli orari precisi tra le dosi di lorazepam, vero?

Il giudice ha accolto l’obiezione dell’accusa per falsificazione della teste, ma poi Flanagan ha chiesto il permesso di avvicinarsi alla Cooper con la copia del rapporto scritto da lei e il giudice gliel’ha permesso. La Cooper ha chiesto a Flanagan da dove doveva cominciare a leggere e Flanagan le ha indicato di farlo da “l’esatto periodo di tempo”. La Cooper però ha letto a partire da un precedente capoverso: “il dottor Murray poi ha somministrato una seconda dose di 2 milligrammi di lorazepam per via endovenosa e ha riferito di aver poi testimoniato l’arresto del paziente. L’esatto periodo di tempo fra le due dosi o la ragione per la somministrazione del farmaco non sono state ricordate da me durante la mia supervisione delle operazioni di rianimazione. Il dottor Murray ha riferito di aver iniziato il cpr sulla scena e poi è stato chiamato il 911”.

Flanagan: Perciò, lei non ricorda gli orari precisi delle dosi?

Cooper: Corretto. Credo fosse: “non ho ricordato il tempo fra le due dosi”.

Flanagan: Lei ha scritto queste 6 pagine di rapporto il giorno dopo?

Cooper: La mattina dopo, la mattina del 26 giugno 2009, credo ci sia scritto sul rapporto.

Flanagan ha chiesto un minuto di tempo per rivedere il rapporto al giudice, che gliel’ha concesso. Poi, Flanagan ha messo via il rapporto e ha chiesto alla Cooper se lei misurò la temperatura del corpo di Michael ma lei ha risposto di non ricordarlo. Flanagan le ha chiesto se sarebbe normale e la Cooper ha detto che la rilevazione della temperatura per via rettale lo sarebbe e che ad un certo punto sicuramente lo hanno fatto ma che andrebbero riviste le note degli infermieri. Flanagan le ha chiesto se la misurazione della temperatura può indicare il tempo del decesso e la Cooper ha detto di no.

Flanagan: Perciò, sulla base delle dichiarazioni dei paramedici, e la sua proclamazione alle 12:57, c’è un protocollo riguardo al tempo in cui una persona non risponde agli sforzi di rianimazione prima che si autorizzi alla proclamazione del suo decesso?

Cooper: Secondo il protocollo della contea di Los Angeles, sono richiesti 20 minuti di rianimazione e nessun cambiamento.

Flanagan ha chiesto se l’ora e trenta minuti di sforzi extra compiuti all’UCLA dopo che Michael arrivò lì trovano ragione nel fatto che lui fosse Michael Jackson e la Cooper ha detto di no, che in qualunque circostanza lei avesse dovuto appurare le informazioni necessarie, avrebbe fatto per chiunque quello che ha fatto per Michael. La Cooper ha anche detto che quella è stata la prima volta nella quale si è trovata nella situazione di dover continuare gli sforzi di rianimazione dopo aver autorizzato la proclamazione del decesso e che non aveva mai lavorato prima al dipartimento di emergenza su un paziente per il quale aveva autorizzato il decesso sul posto. La Cooper ha detto che la ragione per la quale in questo caso particolare ha agito diversamente è perché il paziente aveva un medico personale che aveva detto al personale dell’UCLA di non smettere di provare a rianimarlo. La Cooper ha anche ribadito di non saper indicare se Murray fosse in uno stato di forte agitazione o meno perché lei lavora in un dipartimento di emergenza e a meno che qualcuno non sia particolarmente sconvolto, non rientra nelle sue priorità osservare altri soggetti che non siano i pazienti. La Cooper ha detto di ricordare solo che parlò con Murray, assumendo che stesse ottenendo da lui risposte oneste e veritiere, e che lui si mostrò rispettoso del dipartimento di emergenza, ma non saprebbe commentare il suo comportamento. La Cooper ha ricordato che dopo 40 minuti di tentativi di rianimazione rivelatisi inutili, Murray parlò con il dottor Cruz, cardiologo all’UCLA, in merito all’uso della pompa aortica, ma lei non ascoltò quella conversazione, lei apprese solo la decisione finale. La Cooper ha detto che nonostante la presenza del catetere a sistema condom, la sacca predisposta a raccogliere l’urina era vuota.

RIPRESA INTERROGATORIO DI WALGREN:

Walgren si è avvicinato alla Cooper per farle leggere qualche riga dal rapporto scritto dalla dottoressa sul caso di Michael il giorno dopo la sua morte.

La Cooper ha letto questo: “In base a quanto riferito dal dottor Murray, il paziente non aveva nessuna storia clinica di abuso di farmaci. Gli eventi circoscritti all’arresto riferiti dal dottor Murray sono che lui aveva disposto un’endovenosa nel paziente di 2 milligrammi di lorazepam in un certo momento all’inizio della giornata, poi il dottor Murray aveva somministrato una seconda dose di 2 milligrammi di lorazepam riferendo di aver testimoniato l’arresto del paziente”.

Walgren ha chiesto poi alla Cooper se è importante avere le cartelle cliniche ed i rapporti medici per mantenere i riferimenti al caso giorni o anche anni dopo e la Cooper lo ha confermato. Walgren ha chiesto se le note relative ai segnali vitali e ai dosaggi dei farmaci sono altrettanto parte dei protocolli medici perché siano prontamente disponibili e la Cooper ha detto di sì. Walgren ha chiesto se la Cooper avrebbe voluto che il dottor Murray le fornisse tale documentazione e la Cooper ha risposto che sarebbe stato potenzialmente d’aiuto. La Cooper ha ripetuto che durante le sue conversazioni con Murray, lei partì dall’assunzione che lui non le stesse mentendo. Walgren ha chiesto conferma alla Cooper se la sua prima domanda a Murray fu: “cosa è successo?” e lui rispose che Michael aveva lavorato duramente, che lui lo aveva trattato per disidratazione, citò il lorazepam e mai menzionò il propofol: la Cooper lo ha confermato.

La Cooper poi ha ribadito che quando lei somministra il propofol nelle procedure di sedazione, ciò avviene in sale dell’ospedale attrezzate con tutte le apparecchiature necessarie di monitoraggio, che queste sale vengono organizzate prima a tale scopo e che c’è anche altro personale medico che è presente durante la procedura, come un infermiere addetto a controllare i monitor.

RIPRESA CONTROINTERROGATORIO DI FLANAGAN:

Flanagan ha richiamato la dichiarazione della Cooper sulla sua dose iniziale di propofol da somministrare ad un paziente di 60 kg e la Cooper ha ribadito che un milligrammo per chilo sarebbe la sua dose di partenza standard per ottenere una sedazione secondo la quale il paziente non avvertirebbe dolore e permetterebbe ai dottori di procedere più rapidamente e con successo. La Cooper ha anche spiegato che quando lei somministra il propofol, la dose del farmaco non viene data al paziente tutta in una volta, ma in un tempo che va dal minuto al minuto e mezzo.

Flanagan ha quindi ripreso a fare domande relative ai livelli dei farmaci nel sangue e il giudice ha accolto tutte le obiezioni dell’accusa. Flanagan è poi riuscito a chiedere: “se si inietta tutto in una volta sola, ottieni un indesiderabile livello nel sangue, non è vero?

Cooper: Io posso dire che nella mia pratica, quando io uso il propofol, tipicamente la mia infusione è mantenuta nell’arco di un minuto/un minuto e mezzo, questo in parte perché posso valutare il paziente nel momento in cui gli sto somministrando il farmaco, e se il paziente è relativamente sedato ed io non ho bisogno di dargli altri milligrammi, mi fermerò. Non gli darò un’endovenosa iniettata immediatamente, perciò non posso davvero dirle specificamente che cosa accadrà nei livelli del sangue.

Flanagan: Perciò lei non sa in termini di rischio per il paziente qual è la differenza tra un’infusione fatta tutta in una volta e una in un tempo dilatato.

Cooper: Nello specifico, no.

Flanagan: E non l’ha mai visto fare.

Cooper: Nella mia pratica, no.

Flanagan ha voluto che la Cooper chiarisse quali sono le ragioni per le quali ad un paziente non si somministra il propofol tutto in una volta, ma in un tempo dilatato, chiedendole cosa insegna ai medici interni quando li istruisce su questo. La Cooper ha ribadito che fondamentalmente l’infusione lenta viene insegnata perché questo permette di vedere qual è la reazione del paziente ed evitare il rischio che vada in sovradosaggio.

Flanagan: Sarebbe pericoloso farlo tutto in una volta?

Cooper: Suppongo che se tu raggiungi un livello simile che è così alto specialmente se stai dando una dose maggiore, sì, potenzialmente causa una maggiore sedazione di quella che tu avevi previsto o una sedazione più profonda.

Flanagan: 60 milligrammi se li dai tutti in una volta sola sarebbe pericoloso?

Obiezione dell’accusa per speculazione accolta dal giudice.

Flanagan ha chiesto alla dottoressa Cooper se quando lei somministra il propofol, tipicamente ha a disposizione tutte quelle attrezzature della stanza dell’ospedale proiettata prima e lei ha detto di no.  Flanagan le ha chiesto se ha mai somministrato il propofol fuori da una sala operatoria e la Cooper ha chiarito che lei lavora in un dipartimento di emergenza e non può dire cosa c’è in una sala operatoria, ma ha spiegato che in tutte le stanze in cui lei lavora ci sono le apparecchiature di monitoraggio e che lei non esegue procedure di sedazione dove queste non sono disponibili. Flanagan ha chiesto da quanto tempo quelle attrezzature per l’endovenosa con i computer sono disponibili, la Cooper ha detto di non sapere da quando siano presenti all’UCLA ma che si tratta di attrezzature standard e che in tutta la sua carriera ha usato pompe di infusione che permettono di controllare a che velocità scorre un farmaco, ma non può rispondere nello specifico di quell’attrezzatura mostrata nella foto.

Flanagan le ha chiesto se ogni volta che lei somministra farmaci per endovenosa lo fa usando quel tipo di pompa e la Cooper ha detto di no. Flanagan le ha fatto la stessa domanda riguardo al propofol e la Cooper ha detto che quando lo somministra lei nelle procedure di sedazione, non è assolutamente attraverso una pompa, lo fa proprio lei, quindi si tratta di un’iniezione usando un sistema ad ago.

Flanagan: Perciò, lei non usa quelle pompe in nessun caso quando somministra il propofol?

Obiezione dell’accusa per falsificazione della testimonianza accolta dal giudice.

Flanagan: Per cosa sono usate quelle pompe?

Cooper: Per controllare il flusso del farmaco e la velocità del farmaco e dipende dal tipo di farmaco o quando c’è un’infusione continua.

Flanagan: Lei usa il propofol in infusione continua?

Cooper: In certe rare occasioni sì, non si tratta di procedure di sedazione, ma di sedazione profonda su un paziente che è stato intubato.

 

RIPRESA INTERROGATORIO DI WALGREN:

Walgren: Dottoressa Cooper, la sedazione profonda quando si ha una flebo continua o infusione di propofol, ci si affida alle pompe di infusione, è corretto?

Cooper: Sì.

Walgren: E quei monitor indicano precisamente quanto propofol sta scorrendo nel corpo del soggetto, corretto?

Cooper: Corretto.

Walgren: E lei ha indicato che quando un paziente è sedato profondamente lei è in grado di gestire quella situazione, questo perché in un ambiente ospedaliero con tutte le apparecchiature di emergenza necessarie, con quella per la ventilazione, lei è in grado di gestire quel tipo di conseguenze, è corretto?

Cooper: Sì ed io sono un medico d’emergenza e perciò ho le competenze per intubare il paziente e ottenere una ventilazione se necessario. Sì.

Walgren: E lei è preparata per quel tipo di conseguenze?

Cooper: Sì.


RIPRESA CONTROINTERROGATORIO DI FLANAGAN:

Flanagan ha chiesto alla dottoressa Cooper se lei ha mai usato quelle competenze in una procedura di sedazione e lei ha risposto di non aver mai dovuto intubare un paziente, ma che le è capitato di doverlo ventilare durante una procedura di sedazione e ha spiegato che la prima cosa da fare è stimolare il paziente perché è importante che avvenga prima che il paziente smetta di respirare e questa circostanza a lei non è mai successa, ma in generale le persone hanno difficoltà con la respirazione, perciò lei li stimola prima.

Flanagan le ha chiesto nel caso in cui un paziente ha un problema di respirazione, ci si accorge di questo immediatamente e la Cooper ha risposto di sì, che questo è il motivo per cui lo si monitora, il dottore somministra il farmaco e l’infermiere è attento al monitoraggio. La Cooper ha detto che il problema più comune per i pazienti è un’eccessiva sedazione per respirazione insufficiente e Flanagan le ha chiesto se lei questo problema può determinarlo semplicemente guardando il paziente.

La Cooper ha spiegato che quando si fanno quelle procedure, potrebbe sfuggirti qualcosa mentre guardi semplicemente il paziente ed è questo il motivo per cui ci sono i monitor di strumenti come il pulsi ossimetro e il capnografo che rilevano il problema prima che un essere umano possa farlo. La Cooper ha confermato che quando lei somministra il propofol lei svolge questa procedura concentrandosi sul paziente.

Flanagan perciò le ha richiesto se dovesse esserci un problema di respirazione, lei può determinarlo semplicemente guardando il paziente. La Cooper ha detto che può ancora sfuggirti perché le persone sedate hanno un minore ritmo di respirazione e ad occhio potrebbe non essere rilevabile, ecco perché per essere sicuri occorre avvalersi di strumenti di monitoraggio.

Flanagan le ha chiesto se quando la Cooper dice che può sempre sfuggire, si riferisce all’immediato, se può dire che comunque in un paio di minuti se ne accorgerebbe e la Cooper ha detto che è possibile accorgersene prima di due minuti.

Flanagan le ha chiesto se questo è possibile anche senza monitor e la Cooper ha risposto che lo spererebbe ma lei ha un monitor proprio perché il rischio è che lei possa sbagliare ed è anche la ragione per la quale ci sono regole di restrizione per le procedure di sedazione. Flanagan ha richiesto se le era possibile senza monitor, ma il giudice ha detto che falsifica le prove, accogliendo l’obiezione dell’accusa.

Flanagan: Lei può determinare che c’è un problema di respirazione senza avere un monitor lì?

Cooper: Ad un certo punto sì, puoi accorgerti che il paziente non sta respirando, ma il monitor lo rileverebbe prima se per qualche ragione tu non riesci a rilevarlo.

Flanagan le ha chiesto se un pulsiossimetro sarebbe una strumentazione sufficiente e la Cooper ha detto di no. Flanagan ha formulato diverse domande per avere una risposta dalla Cooper in merito alla possibilità di rilevare un problema di respirazione senza alcun monitor disponibile, ma il giudice ha accolto tutte le obiezioni dell’accusa.

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