COME IL PRIVILEGIO DEI BIANCHI MI HA FUORVIATO DALLA STORIA DI MICHAEL JACKSON

 

Aric Clark, scrittore e sacerdote presbiteriano dell'Oregon, in questo articolo del 26 dicembre 2014 riflette su come il privilegio dei bianchi negli Stati Uniti lo abbia sviato dalla storia di Michael Jackson e dalla reale portata del suo messaggio artistico:

"La prima musica che ho posseduto è stata una cassetta di Bad di Michael Jackson. Avevo una sveglia che faceva risuonare una canzone quando scattava, perciò per circa 3 anni della mia adolescenza mi sono svegliato ogni mattina sulle note di The Way You Make Me Feel, Man In The Mirror e Smooth Criminal, quest'ultima la mia preferita. Ricordo benissimo che l'album fu la prima occasione in cui mi venne spiegato lo slang. "Bad" (cattivo) in realtà voleva dire "cool" (fico). Le parole potevano essere usate per significare l'opposto. Mi mandava giù di testa questa cosa. La logorai quella cassetta.

6 anni più tardi avevo 14 anni e Michael Jackson pubblicò HIStory: Past, Present and Future, Book I. Per allora, la sua reputazione aveva subito un po' di batoste dalla stampa e io... oh, ero così maturo. Come minimo erano mesi che non sentivo Bad. A casa mia si parlava di HIStory dicendo che Jackson era instabile, un artista in declino, e lo si poteva dedurre da questo album. In particolare, mia madre diceva che il difetto della sua nuova musica è che Michael Jackson era arrabbiato. In questo caso le parole non avevano un significato opposto: "arrabbiato", nella mia mente di quattordicenne, voleva dire malsano, irrazionale e... pazzoide.

Nel corso del decennio successivo, quella narrazione sembrò trovare conferme. Il comportamento di Michael Jackson era sempre più eccentrico e la stampa era sempre più gongolante nel demolire la sua reputazione. Io non diedi mai un attento ascolto a HIStory.

Soltanto nell'ultimo mese, spronato da amici che hanno postato il video di They Don't Care About Us nell'ambito del movimento di protesta Black Lives Matter (La Vita Dei Neri Conta, ndt), ho cominciato a rendermi conto di quanto sia stato fuorviato. Questa canzone ha assunto una nuova risonanza. Improvvisamente, ho capito di cosa parla e questo mi ha fatto ripensare a tutta la storia che mi era stata raccontata e alla quale avevo creduto senza pensarci. Questo è ciò che ho imparato:

"Rabbia" è una razzista parola in codice quando viene usata per descrivere le persone di colore. Sin da quando i bianchi hanno cominciato a schiavizzare i neri, la paura della rabbia dei neri ha attanagliato il cuore dei bianchi. Possiamo vederlo oggi quando i Grand Jury si rifiutano di incriminare i poliziotti per aver sparato a ragazzini neri disarmati accettando spensieratamente l'idea che un poliziotto armato e addestrato debba temere per la sua vita quando si trova ad affrontare quel ragazzino a decine di metri da lui.

Chiamare Michael Jackson "arrabbiato" era un modo per emarginarlo evocando lo spettro di un rabbioso uomo nero.

Di seguito un paragone utile per capire meglio le implicazioni razziste del chiamare Michael Jackson "arrabbiato". Lo stesso anno in cui uscì HIStory, la cantante Alanis Morrisette pubblicò il suo album Jagged Little Pill. Adoravo il suo brano "You Oughta Know" e ricordo bene di aver pensato che la sua rabbia fosse una risorsa creativa. La canzone era così bella perché era una canzone sulla fine di una storia che era rabbiosa, non piagnucolosa. Per quale motivo la musica di Alanis Morrisette sarebbe ben accetta montata dalla rabbia, ma non quella di Michael Jackson?

E sapete una cosa? Michael Jackson ERA arrabbiato e purtroppo a me non è venuto in mente di sentire il suo proprio modo di descrivere i motivi per i quali lo era. Non era cominciato con HIStory. La rabbia era appostata dietro a molte sue canzoni: Beat It, Billie Jean, l'intero album Bad che io avevo adorato, e Dangerous dei primi anni '90 che includeva Black Or White. Sicuramente, della rabbia sembrava scaturire dal fardello della sua fama, ma Michael Jackson esprimeva altrettanto chiaramente la sistemica ingiustizia e il razzismo che lo colpivano. Leggere Black Or White primariamente come il prodotto di un'instabilità mentale nata dalla celebrità significa essere deliberatamente ottusi. E dobbiamo anche presumere di conoscere le ragioni della sua rabbia meglio di lui.

Perciò, quando i media cominciarono a vendere la storia che Michael Jackson era in caduta libera, seppure ci fosse stato del vero in questo, c'era anche uno scopo sinistro. Lo scopo era distrarre dalla sua rabbia legittima, dalle sue importanti denunce sociali spostando l'attenzione sui suoi errori personali. Il culto della celebrità è in tutto e per tutto un mezzo per distrarre dalle cose che contano.

Quando Michael Jackson ha provato a parlare di cose che contavano, noi abbiamo risposto sterzando ancora più bruscamente nella direzione opposta. Abbiamo martellato di continuo sui suoi interventi di chirurgia estetica, su Neverland, sul suo stile di vita da pop star - qualsiasi cosa pur di distrarci dall'uomo nero che esprimeva il suo malcontento per lo stato di questo mondo.

Mi spiace di essere stato ingannato e di aver perso l'occasione di essere sensibilizzato alla questione della razza molto prima nella mia vita da un artista che amavo così tanto da svegliarmi letteralmente cantando le sue canzoni ogni mattina per anni. Stasera ho visto e rivisto il video di Spike Lee per They Don't Care About Us https://www.youtube.com/watch?t=19&v=t1pqi8vjTLY mentre la mia famiglia aveva lo sguardo confuso chiedendosi dove fossero finite le canzoni natalizie. Il mio sguardo era altrettanto confuso mentre guardavo la coreografia di quel video e sentivo il testo evocare dall'incarcerazione di massa alla brutalità della polizia all'iniquità economica.

Come ho fatto a perdere tutto questo?

Il privilegio dei bianchi, ecco come ho fatto".

Fonte: http://twofriarsandafool.com/2014/12/how-white-privilege-misled-me-about-michael-jacksons-history/

 

 

 

 

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